
Diario di un dolore (C.S. Lewis)
Benedetta Scotti ha deciso di salvare nella sua “cassaforte impermeabile” questo libro.
Le ho chiesto di raccontare il perchè in pochissime righe. Eccole.
“Perché è un libro lucido, schietto, quasi dissacrante nella sua ricerca di verità: e se Dio fosse il più grande sadico di sempre? Un creatore malefico che gode nell’arrecare dolore alle proprie creature? Queste le domande che Lewis si pone di fronte alla morte della moglie. Una rivolta che si apre infine alla speranza, dove la ribellione cede il passo alla conversione.”
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Letture da Diario di un dolore di C.S.Lewis (tpfs*)
a cura di d.Andrea Lonardo
Non è facile imbattersi in riflessioni sul dolore umano che aiutino l’animo a trovare speranza, senza svilire la fatica del lutto e della nostalgia per l’assenza della persona amata. “Diario di un dolore” di C.S.Lewis è uno di questi rari testi.
C.S.Lewis pubblicò, con lo pseudonimo di N.W.Clerk. lo splendido A Grief Observed (letteralmente “Osservando un sepolcro”, tradotto in italiano dall’Adelphi, con il titolo “Diario di un dolore”, Milano, 1990) le riflessioni autobiografiche suscitate nel suo animo dalla morte della moglie Joy Davidman Gresham, che aveva sposato quattro anni prima e con la quale aveva avuto due figli. Il volume è del 1961, solo un anno dopo la morte di Joy. Lewis vivrà fino al 1963.
Lewis ci ha lasciato, anche un suo secondo libro autobiografico precedente, “Surprised by Joy” (“Sorpreso dalla gioia”, con il voluto gioco di parole “gioia” e “Joy”), scritto nel 1955, nel quale racconta la sua conversione in età giovanile alla fede cristiana. Sono ancora più noti i suoi bellissimi scritti sul cristianesimo, come le famose “Lettere di Berlicche”, immaginario epistolario del diavolo Berlicche che scrive a suo nipote Malacoda, inesperto nell’arte di condurre a perdizione l’uomo, su come aiutare l’animo umano a smarrire la via di Dio, lettura a rovescio della via di salvezza, nella quale Dio è chiamato, l’Avversario nostro, libro pieno di sapienza cristiana e di humour finissimo, o come il noto “Il cristianesimo così com’è”, discorso a temi a difesa del cristianesimo, nel quale l’autore inglese affronta le principali critiche rivolte al cristianesimo e ne espone la bellezza delle principali affermazioni.
Lewis è noto anche per i suoi romanzi di fantascienza, come “Le cronache di Narnia” e per la sua amicizia con J.R.R.Tolkien, l’autore de Il signore degli anelli. L’anglicano Lewis ed il cattolico Tolkien furono infatti legati da profondo affetto e scambio intellettuale e spirituale.
Il lutto di C.S.Lewis è narrato anche nel film Viaggio in Inghilterra (Shadowlands), di Sir Richard Attenborough, che ha fatto conoscere ancor più la sua figura in tutto il mondo. Vogliamo, per questo, far seguire, ad una presentazione dei testi di Lewis sul dolore per la morte della moglie, la recensione molto puntuale di Bruce L. Edwards al film, per mettere in guardia chi lo avesse visto, circa l’attendibilità di ciò che è lì rappresentato, pur nella bellezza della finzione scenica. La recensione è stata per noi tradotta da Emi Benghi. Restiamo a disposizione per la pronta rimozione se la messa a disposizione on-line non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto….
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Diario di un dolore
Pubblicato originariamente
con lo pseudonimo di N.W. Clerk
Titolo originale: A Grief Observed
Traduzione di Anna Ravano
© 1961 C.S. Lewis
© 1990 Adelphi Edizioni S.p.A., Milano
RISVOLTO
Il dolore puro è difficile da raccontare. Ma qui qualcuno ci è riuscito, con una precisione e un’onestà che ci lasciano ammirati, arricchiti. Questo è un libro che riguarda da vicino chiunque abbia avuto nella sua vita un dolore. C.S. Lewis pubblicò nel 1961, sotto lo pseudonimo di N.W. Clerk, questo breve libro che racconta la sua reazione alla morte della moglie. Illustre medioevalista e amatissimo romanziere, amico di Tolkien e come lui dedito alle incursioni nel fantastico, C.S. Lewis si è sempre dichiarato innanzitutto uno scrittore cristiano. Ma un cristiano duro, nemico di ogni facile consolazione. E ciò apparirà immediatamente in questo libro perfetto, dove l’urto della morte è subìto in tutta la sua violenza, fino a scuotere ogni fede. Non c’è traccia di compiacimento o di compatimento per se stessi. C’è invece un’osservazione lucida, che registra le sensazioni, i movimenti dell’animo che appartengono al segreto di ciascuno di noi – e che spesso non vogliamo riconoscere.
Diario di un dolore
Nessuno mi aveva mai detto che il dolore assomiglia tanto alla paura. Non che io abbia paura: la somiglianza è fisica. Gli stessi sobbalzi dello stomaco, la stessa irrequietezza, gli sbadigli. Inghiotto in continuazione.
Altre volte è come un’ubriacatura leggera, o come quando si batte la testa e ci si sente rintronati. Tra me e il mondo c’è una sorta di coltre invisibile. Fatico a capire il senso di quello che mi dicono gli altri. O forse, fatico a trovare la voglia di capire. È così poco interessante. Però voglio avere gente intorno. Ho il terrore dei momenti in cui la casa è vuota. Ma vorrei che parlassero fra loro e non a me.
Ci sono momenti, del tutto inattesi, in cui qualcosa dentro di me cerca di rassicurarmi che soffro, sì, ma non così intollerabilmente. Nella vita di un uomo l’amore non è tutto. Ero felice già prima di conoscere H.[1] Ho parecchie “risorse”, come si dice. Queste sono cose che tutti superano. Ma sì, me la caverò. Ci si vergogna di ascoltare questa voce, ma per un po’ gli argomenti sembrano persuasivi. Poi, d’un tratto, la stilettata rovente di un ricordo, e tutto quel “buonsenso” svanisce, come una formica nella bocca di una fornace.
[1] Si riferisce ad Helen Joy Davidman Gresham. (N.d.R.)

Edvard Munch 1896 >>> da ; diario-di-un-dolore-lewis
Le prime pagine di Diario di un dolore, sembrano quasi rievocare, accentuandone l’intensità lirica, gli ultimi versi di una poesia dellaRossetti: Stripp’d bare of hope and everything, no more to laugh, no more to sing. I sit alone with sorrow. Ecco, I sit alone with sorrow, è l’immagine evocativa dello scritto. C. S. Lewis (autore del celebrefantasy Le cronache di Narnia, Sorpreso dalla gioia, Le due vie del pellegrino, A viso scoperto, I quattro amori, e primo propositore dell’argomento del desiderio come prova dell’esistenza di Dio) dopo la morte della moglie Joy, buttò giù una serie di note sparse, riflessioni e appunti, riordinate un anno dopo, e pubblicate sotto lo pseudonimo di N. W. Clerk, nel 1961.
Come in ogni confessione, anche in questa, inconsapevolmente o meno, si percepisce un contrasto di fondo, tra la volontà vaga delle sensazioni e l’illusorietà concreta dei sentimenti. Una dissomiglianza non esasperatamente palese alla natura umana che le assimila in un unico caos, benché la si avverta in particolari circostanze della vita. La morte. Il dolore. L’agonia del sopravvivere a qualcosa che non è più. La nostalgia esasperata. E la paura che non dà attimi di tregua. Ciò che emerge, tuttavia, è un carattere di incomunicabilità, proprio dell’essere umano. Incomunicabilità, non solo verso ciò che è al di fuori, ma verso tutto ciò che è in noi.
Questo diario di Lewis esprime, specificatamente, senza velature, questa inconciliabilità che pervade l’esistenza. La sofferenza, non anestetizzata, per la perdita della persona amata e quel disperato tentativo di darle un senso, di razionalizzarla, di trovare un fine alto che la giustifichi, non raggiungono una sintesi efficace, ma amplificano in realtà, il senso di disorientamento dello scrittore, che si vede quasi schiacciato da una sensazione di perenne provvisorietà. Eppure il dolore, meditato, studiato, in qualche modo, gli permette di fare chiarezza nella sua vita, di mandare al setaccio la sua fede fragile, le sue convinzioni fallaci, il suo amore per H., come la indica nel libro.
E il miracolo, che si manifesta in una presa di coscienza travagliata, un disincanto consolatorio, fornisce un movente al soffrire di Lewis. E quelle che lui ritiene essere certezze consolidate si rivelano in realtà mere illusioni dello spirito. Un formidabile castello di carta. La sofferenza gli conferisce quella lucidità di mente, quella dignità spirituale, e si fa mediatrice tra lui e la sua coscienza, permettendogli in tal senso di osservare il suo percorso evolvere, al di là della comune apparenza, dal relativismo personale in cui era posto, in un perfetto e armonico divenire.
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